Lo Smart Working non è lavorare da casa

Ripeti insieme a me:
Lo Smart Working non è lavorare da casa!!!

Essendo io del mestiere ho dato per scontato che tutti conoscessero la differenza tra le due cose, purtroppo non è così, errore mio, ma adesso vedrò di rimediare.

Con questo articolo cercherò di fare chiarezza una volta per tutte in modo semplice ed esaustivo affinché nessuno si possa più sbagliare.

Cerchiamo intanto di dare una definizione alla parola Smart Working:

Lo Smart Working è un nuovo paradigma di pensare il lavoro dove la finalità è quella di operare per obiettivi favorendo così la produttività individuale e di conseguenza anche quella del business. Il tutto realizzato con una maggiore flessibilità sia degli orari di lavoro sia degli spazi e dei luoghi dove si svolgono le attività. Il vero risultato è quello di lavorare in modo più intelligente!

Già da questa definizione puoi capire come il luogo sia soltanto una delle caratteristiche dello Smart Working (e nemmeno la più importante). Nel telelavoro (ossia lavorare da casa) si riproducono nelle abitazioni modalità di lavoro e dotazioni tecnologiche analoghe a quelle che i dipendenti troverebbero in azienda e quindi il lavoro non risulterebbe più intelligente ma solo disposto in un altro luogo e, generalmente, più comodo solo per il lavoratore.

  • Quale vantaggio ne trarrebbe l’operatività e la produttività aziendale?
  • Quale utilità avrebbe l’imprenditore a sbattersi per cambiare modo di lavorare spesso anche con costi annessi?

Lo Smart Working deve essere pensato in un’ottica Win-Win, dove si innesca un circolo virtuoso per cui la maggior produttività dell’azienda è conseguente ad un miglioramento produttivo del lavoratore.

Questo è quello che io chiamo modo intelligente di lavorare!

Essere più produttivi da parte di ogni singolo lavoratore, dipendente, manager, titolare o collaboratore che sia. Questo è il modo intelligente di far prosperare un’attività.

Detto questo, per evidenti motivi, lo Smart Working non si può applicare a tutte le categorie di lavoratori o per lo meno non in maniera uguale né con gli stessi vantaggi. È ovvio che ad un operaio in linea di produzione non potrà essere applicato lo Smart Working, per lo meno non in maniera da aumentare la sua produttività così tanto da avere benefici importanti per l’azienda. Questo però non significa che non dobbiamo fare niente per aumentare la sua capacità di produrre, ad esempio dotandolo di strumenti digitali o migliorie tecniche e tecnologiche le lo aiutino a svolgere i suoi compiti.

NO, ovviamente lui non può lavorare da casa, non può fare orario flessibile entrando all’ora che gli pare ed uscendo all’orario a lui più consono in base ai suoi impegni personali. Per l’ennesima volta, questo NON è Smart Working!

A chi si adatta meglio lo Smart Working?

Esistono ambiti e categorie di lavoro dove lo Smart Working si applica in maniera più semplice e con maggiori risultati, come ad esempio:

  • la divisione risorse umane
  • il reparto IT (supporto informatico alle attività lavorative e produttive)
  • il marketing
  • il reparto vendite
  • l’area amministrazione finanziaria
  • il controllo di gestione
  • l’area degli acquisti
  • e più in generale tutti quelli che hanno un lavoro più concettuale che manuale

Queste per loro natura sono categorie che si adattano meglio alla flessibilità ed al cambiamento e senza importanti sforzi economici da parte dell’azienda.

Chi non può fare lo Smart Working?

In realtà come abbiamo visto prima la risposta giusta sarebbe nessuno. Tutte le categorie di lavoratori hanno margini di miglioramento sia produttivo che di qualità della vita lavorativa. Sarebbe più corretto parlare di rapporto tra costi e benefici.

Nel manifatturiero ad esempio, che apparentemente non ha niente a che fare con lo Smart Working, stiamo assistendo alla nascita dell’industria 4.0 soprattutto grazie “all’operaio 4.0” che invece di lavorare manualmente ad un oggetto fisico con le proprie mani, interagisce con i robot tramite un tablet. Questo nuovo modello lavorativo sta di fatto spostando virtualmente i lavoratori dalla categoria manifatturiera alla categoria concettuale, avvicinandoli di un passettino alle categorie elencate in precedenza.


Quindi le vere domande che dovresti porti sono:

  • Cambiare metodo di lavoro ad un dipendente ha un costo?
  • Se sì, quanto?
  • Porterà benefici in termini economici?
  • Se sì, quanto?
  • Ed in quanto tempo ammortizzerò i costi?
  • Il lavoratore si sentirà valorizzato da questo cambiamento o si sentirà escluso?

A questo punto si apre una nuova finestra, il cambiamento non va mai imposto, ma deve essere sempre un lavoro di squadra. Non far partecipare alla decisione il dipendente oggetto del cambiamento violerebbe la regola del Win-Win aumentando le probabilità di fallimento del progetto.

Il cambiamento si attua quando cambia la filosofia ed il modo di pensare al lavoro. La priorità è data ai risultati, indipendentemente da dove e come lavori.

Alt! So già a cosa stai pensando. Vediamo se indovino…

“Se non controlli a vista tutti i tuoi dipendenti e se non metti una pezza te a tutti gli errori e le cose che non sanno fare, la tua azienda non va avanti. Figuriamoci come potresti gestirli se non li avessi fisicamente vicino a te o se facessero l’orario che gli pare.”

Qui purtroppo devo darti ragione, ma la colpa è tua!

È vero che senza di te l’azienda non andrebbe così bene ma è altrettanto vero che quei pelandroni (nella maggior parte dei casi) li hai scelti tu e/o li hai addestrati tu.

In questi casi prima ancora di applicare lo Smart Working devi rivedere le politiche di reclutamento che sono estremamente sottovalutate nelle PMI. Solo questo cambiamento farebbe tutta la differenza del mondo. Se tu avessi scelto fin dall’inizio persone inclini al cambiamento ed a lavorare per obiettivi, adesso applicare lo Smart Working sarebbe di una facilità disarmante.

A questo punto devi delegare e cambiare i processi lavorativi mettendoli nero su bianco cercando di aumentare il clima di fiducia e togliendo da tali processi (il più possibile) tu stesso.

Questo è il primo passo per cambiare il paradigma lavorativo, prima dai il buon esempio tu, poi gli altri ti seguiranno imitando il tuo esempio. Lo Smart Working è prima un cambiamento mentale e solo successivamente un cambiamento pratico.

Solo a questo punto puoi pensare alle cose tecniche da mettere in atto.

Di quali strumenti avrò bisogno per passare allo Smart Working?

Per prima cosa ti dirò di cosa non avrai più bisogno.

Butta via o limita fortemente al minimo indispensabile strumenti obsoleti e fatiscenti come il fax e le stampanti. Dematerializza tutto il possibile, ne gioverà l’ambiente, la qualità lavorativa ed il tuo portafogli.

Sicuramente avrai bisogno di strumenti di condivisione. I file dovranno essere realizzati e salvati in cloud e non segregati sui pc di un singolo utente, in questo modo chiunque faccia parte del team di lavoro e da qualsiasi luogo si trovi, può leggere, modificare, aggiornare, condividere con clienti, fornitori, colleghi o banalmente con se stessi i vari documenti o progetti di lavoro, senza dover aspettare di essere in ufficio e senza chiedere al collega di farlo al posto tuo.

I vari utenti dovranno essere forniti di dispositivi per lavorare in mobilità come ad esempio smartphone, tablet, netbook e notebook che, ovviamente, in base al punto precedente potranno tutti accedere ad ogni singolo file da qualsiasi dispositivo e da qualsiasi luogo. In un’ottica smart anche i pc desk non dovrebbero essere assegnati ad una specifica persona ma ogni lavoratore dovrebbe accedervi tramite un proprio account.

Di fondamentale importanza sono gli strumenti di social computing, ovvero tutte le tecnologie ed applicazioni che servono per interagire tra colleghi come ad esempio le e-mail, le chat, i calendari di gruppo, le videoconference e tutto quello che serve per interagire, condividere e collaborare nel migliore e più efficiente dei modi.

Infine, hai bisogno di un centralino di nuova generazione Unified Communication che al suo interno integra già molti strumenti di collaborazione, semplificazione e ottimizzazione delle comunicazioni sia tra i colleghi che con i clienti. Su questo argomento non mi dilungherò maggiormente perché ho già scritto un libro a riguardo.






Se sei interessato a leggerlo clicca sul pulsante qui sotto, ma affrettati perché nel momento che sto scrivendo mi sono rimaste soltanto 7 copie e non so se e quando andrò in ristampa.

Per concludere

Le tecnologie digitali hanno già cambiato la nostra vita privata e professionale, permettendoci di comunicare in maniera più rapida ed efficiente. Lo scopo è lavorare meglio, in tempi più brevi e con minori costi.

Gli utenti si aspettano di poter utilizzare a lavoro come a casa dispositivi ed applicazioni che già stanno utilizzando e che pensano possano essere utili e più produttivi anche nel business. Quindi perché non rendergli la vita più facile grazie all’uso dei BYOD (Bring Your Own Device) ovvero l’uso di applicazioni sul proprio dispositivo.

Infine, ricordati di fare formazione continua ai tuoi dipendenti se vuoi avere una squadra di campioni e non quattro brocchi disorganizzati.

La cultura del risultato è la porta di ingresso allo Smart Working.

Spero di aver fatto chiarezza una volta per tutte cos’è e, soprattutto, cosa non è lo Smart Working


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